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- 2 Pra La Varda, La Colla e la quota 1451 m. :
Trascorsa una settimana dal giro precedente, ritorno in zona, questa volta sul versante opposto del canale del Riale Robano; come per il giro descritto sopra, partenza dalla Stazione FS di Domodossola verso Porcelli e salita alla Madonna delle Grucce, qui si segue il sentiero segnalato che sale passando davanti alle baite soprastanti, e continua lungo la dorsale.
Avvicinandosi al poggio di Pra La Varda, si lascia sulla destra un rudere isolato nella boscaglia [foto 4], e si giunge al piacevole poggio panoramico di Pra La Varda 765 m. il cui toponimo fa capire che da qui si può ammirare una bella vista verso Domodossola e le montagne in direzione ovest; la zona è stata ripulita e sistemata negli ultimi anni (in verità durante un precedente giro, diversi anni prima, avevo notato solo la baita superiore, quella inferiore era nascosta nel bosco...), dopo un saluto al micio dell'alpe (al ritorno a Cosa ho poi incontrato la gentile signora proprietaria dell'alpe che saliva anche per rifocillare il "guardiano"...), si sale alla baita superiore dove si possono anche ammirare le piode che, anche con una certa eleganza [foto 21], facevano da recinzione...
Il sentiero prosegue la salita sul fianco della dorsale per raggiungere il poggio de La Colla 906 m. verso sud si vede la quota 1164 m. e il dosso di Cruppo Lepre raggiunti durante la precedente visita; qui una traccia (che per il tratto iniziale è riportata sulla Carta
Siegfried), prosegue la salita sul fianco della dorsale, il sentiero è poco visibile (solo nel tratto iniziale si trovano dei resti di muretti), ma sono presenti numerosi tagli che indicano il percorso, tagli che terminano presso il canale del Riale Robano.
A questo punto, visto che nel precedente giro avevo salito la prima cima della Costa dei Pianezzoli, decido di risalire anche la successiva quota 1451 m. il percorso è sempre molto ripido ma ci sono quasi sempre delle piante a cui aggrapparsi, la poca neve presente a partire dai 1300 m. ha reso la salita a tratti insidiosa, ma si arriva comunque sulla quota 1451 m. verso est si vede la quota 1728 m. che sorregge il pianoro dell'Alpe Nava, di fronte la Valle del Rio di Menta, dove, in questa stagione si possono ben individuare alcuni alpeggi, Sottosasso di sotto e la misconosciuta Alpe La Pioda.
Si segue la dorsale che passa dal rudere ormai azzerato dell'Alpe Pianezzoli (questa zona, tra i ruderi e la quota 1451 m. è chiamata anche Mot Selva Negar), e poi scende verso sud-ovest, si prosegue cercando anche i tagli che indicano il giusto percorso; si passa dall'intaglio dove si trova un tratto "costruito" (sempre bello e suggestivo questo passaggio della "scaletta"...), qui un tempo era presente un cancello messo in loco per impedire alle capre di "sconfinare", e anche per
questa ragione questo punto è chiamato localmente "La Portea"...
In seguito, poggiando sul versante della Valle del Rio di Menta si scende al colletto prima della quota 1164 m. da qui, il percorso migliore (e senz'altro consigliabile), è quello di risalire la quota 1164 m. e scendere lungo la panoramica e piacevole dorsale verso Pra di Sopra, ma avendolo già percorso la settimana precedente, decido di seguire il percorso del vecchio sentiero che scende e traversa sul fianco sud.
Il sentiero è praticamente quasi del tutto scomparso, solo in un paio di tratti si trovano dei resti (scalini), si passa dal rudere sotto la parete rocciosa e poi si continua traversando lungamente senza perdere eccessivamente quota, in questo tratto ho ritrovato una parte del vecchio percorso, però ormai infestato dai rovi, poco prima di arrivare a Pra di Sopra ca. 830 m. da dove, seguendo il solito sentiero, si scende verso San Lorenzo, che però si può anche evitare; prima di giungere alla Chiesetta si trova una scorciatoia sulla destra che poi si congiunge con la mulattiera che traversa verso Cosasca; in questa occasione l'ho seguita appunto in direzione di Cosasca, poi, poco dopo il ponte sul Riale Robano, e poco prima di arrivare alla prima baita, si trova un'altra scorciatoia non segnalata sulla sinistra che in basso, presso la baita di foto 66 si collega con il panoramico sentiero che scende a Cosa a fianco del Riale Robano.
Marzo 2017 - Difficoltà EE
Per questo giro, circa 7 ore incluse alcune divagazioni...
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- 3 Alla ricerca della Baita dei Premosei...
Dopo quasi tre anni dall'ultima visita, era tempo di tornare sull'interessante e poco visitato versante a monte di Cosa e Cosasca, rimaneva da cercare un ultimo rudere, i resti di un baitello chiamato Baita dei Premosei... (Baita dei Premosellesi, questo perchè era stata utilizzata in passato da alcuni boscaioli di Premosello durante i lavori di taglio della legna in questa zona).
Non si avevano informazioni precise sulla sua collocazione, si sapeva solamente che si trovava sul versante che sale alla quota 1451 m. e su questo versante, sia guardando le curve di livello sulle mappe, sia osservando il versante, sembravano esserci solo un paio di zone (un poco "pianeggianti") adatte alla costruzione di un alpetto, lo si intuisce anche osservando il versante dal prato di Pra la Varda (foto 25) da dove si vedono un paio di zone boscose tra i salti di roccia (comunque non è certo il caso di scrivere troppi dettagli a riguardo, ben sapendo che i potenziali interessati a questo giro sono veramente pochi, e che quei pochi sono in gradi di muoversi autonomamente).
In questa occasione con Andrea partiamo da Porcelli salendo inizialmente il sempre interessante canalino del Crot di Pörsc e si nota che il "sentiero" è stato sistemato nel 2017 proprio poco dopo l'ultima visita quando ero salito alla quota 1451 m. bisogna dire che il lavoro è stato eseguito bene, senza troppi manufatti "moderni" cercando appunto di preservare il vecchio percorso, e l'autore dei lavori ha anche inciso la data (2017) accanto a quella più antica del 1896, una sorta di "passaggio di consegne", e chissà se tra un centinaio di anni ci sarà ancora qualcuno che verrà qui a sistemare questo percorso...
Come per il giro precedente verso la quota 1451 m. (vedi sopra), si arriva al canale del Riale Robano e traversiamo in salita puntando prima al colletto con neve avvistato durante la salita; seguiamo inizialmente una traccia di animali (si notano alcune piante la cui corteccia è stata mangiata...), poi con alcuni passaggi ripidi e scomodi traversiamo alla base di un versante roccioso per infine salire a raggiungere l'invitante colletto dove però non era presente alcun rudere...
Scendiamo allora lungo il percorso seguito all'andata fino al più tranquillo bosco sottostante il poggio visitato, e proviamo a scendere traversando nel contempo verso ovest, raggiungendo così il minuscolo rudere della
Baita dei Premosei a circa 1080 m. questo era solamente un ricovero di fortuna (quasi certamente non aveva nemmeno il tetto), la cui costruzione era stata facilitata dalla presenza di numerose piode su questo versante di dimensioni adeguate per la costruzione di un baitello, e forse per qualcuno la fatica e l'impegno profusi per trovare questo misero rudere non sarebbero giustificati, ma naturalmente per noi non è così...
Dalla Baita dei Premosei traversiamo ritornando in direzione del canale del Riale Robano rimanendo più o meno alla stessa quota, e in questo tratto troviamo vaghe tracce di un vecchio sentiero che certamente conduceva proprio alla baita...
Non eravamo comunque del tutto certi che il rudere trovato fosse quello "giusto" (anche perchè le aspettative erano per una costruzione di maggiori dimensioni), ma scendendo a Pra la Varda ecco che, per una fortunosa coincidenza, vediamo il camino che fuma, segno della presenza di Gianpiero (conosciuto ormai diversi anni prima in Valgrande, a Cà di Gubitt), il quale ci conferma che l'obiettivo di questo giro era stato raggiunto...
Dopo una piacevole sosta accanto alla stufa (e a una bottiglia di vino...), con l'unica nota dolente, la notizia che il micio visto nel 2017 non c'è più), torniamo a Porcelli lungo il percorso seguito all'andata.
Per questo giro, circa 8 ore e mezza, naturalmente incluse soste
e divagazioni....
Febbraio 2020 - Percorso impegnativo.
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- 4 Il Bocc du Genues...
Quando si pensa di avere ormai "esaurito" le possibili escursioni che una certa zona possa offrire, ecco che può capitare di "scoprire" qualcosa di nuovo che subito rinnova l'interesse e la voglia di tornare...
Al ritorno dal giro alla Baita dei Premosei (vedi sopra), parlando con Gianpiero a Pra la Varda, ecco che scopriamo la presenza di un impegnativo percorso di cacciatori che sale lungo un itinerario a tratti obbligato, il versante in una zona in buona parte rocciosa e apparentemente impraticabile, un percorso che passa dal Bocc du Genues (il buco del genovese...), una apertura nella roccia sormontata da una sorta di ponticello su cui si deve passare, e naturalmente bisognava tornare a cercarlo...
Non si hanno notizie sulle origini di questo curioso toponimo, la logica farebbe supporre che in tempi remoti sia passato in quel punto qualcuno di origini liguri, e magari sia accidentalmente caduto proprio nel Bocc facendo di conseguenza una brutta fine...
Con Andrea partiamo dalla moderna Chiesa di San Giuseppe Artigiano a Cosa (consacrata nel 1965, parcheggio nelle vicinanze), saliamo a San Lorenzo e, come per la prima visita in questa zona, lasciamo il percorso segnalato di fronte alla Cappella di S. Antonio (o dei Salè) che raggiungiamo, proseguendo sul sentiero che porta a Mojachino 510 m. (dove vediamo i primi Campanellini fioriti).
Risalendo tra i terrazzamenti, la dorsale sopra Mojachino si arriva ai 607 m. di Ai Ruscà, poi si continua traversando sul fianco della montagna seguendo una traccia di sentiero che poi sale per traversare il canale del Rivo Belma (toponimo presente sulla Rabbini, sempre bello questo tratto...), e si arriva a circa 620 m. a un altro alpe caratterizzato da un grosso e lungo stallone, siamo a Cà Baulusch, risalendo il versante soprastante, si raggiunge a circa 710 m. Corte dei Tigli.
A questo punto ritorniamo verso sud seguendo inizialmente la traccia di sentiero che arriva da Cacciolo e Ai Ruscà, scendendo al canale del Rivo Belma dove troviamo una traccia di animali che sarà quasi sempre presente lungo il percorso (e perciò, come al solito, molto utile...), saliamo sul fianco sinistro idrografico del canale dove troviamo un muretto il cui scopo non è chiaro (forse una carbonera, o una costruzione legata a qualche teleferica...).
Il percorso di salita è quasi sempre molto ripido, e fortunatamente, in questa occasione il terreno era in condizioni ideali (solo nel tratto finale il terreno era in parte gelato), e si arriva (foto 32 e 33) al passaggio panoramico del Bocc du Genues (in verità della presenza del buco ce ne siamo accorti dopo averlo superato sul "ponticello"...).
Sempre seguendo la vaga traccia di animali, si sale prima a fianco di una parete e poi in una strettoia rocciosa dove inizialmente sono presenti delle radici sporgenti dal terreno, che sono di grande aiuto (superata la strettoia si vede che probabilmente c'era la possibilità di aggirala... ma è più interessante salire direttamente), e si arriva su un primo poggio, ma i tratti impegnativi e piuttosto ripidi non sono certo terminati, in realtà il percorso continua quasi sempre così fino alla dorsale...
Più in alto si passa da un altro poggio panoramico e in seguito si trova un pino (pianta non comune su questo versante), che potrebbe servire da riferimento osservando il versante da lontano, e infine, dopo qualche tratto un poco insidioso su terreno gelato, si sbuca finalmente sulla tranquilla dorsale nel tratto iniziale della Costa dei Pianezzoli (dove il pallido sole comunque riesce un poco a riscaldare).
Dopo aver salito la dorsale fino alla cima di quota 1164 m. (da dove si ha una bella vista verso la Valle di Menta (Link) e l'innevata cima della Punta I Pisoni salita durante un precedente inverno (Link); scendiamo poi lungo la sempre piacevole dorsale raggiungendo prima le baite superiori di Pra di Sopra, e poi quelle inferiori che visitiamo con calma scoprendo così (come sempre accade...), qualche nuovo particolare interessante.
Ritorniamo alla piana Ossolana seguendo il percorso segnalato che scende nei pressi della bella cascata (anche se in questa stagione con poca acqua), del Riale Robano.
Per questo giro, circa 7 ore incluse le divagazioni.
Febbraio 2020 - Percorso impegnativo.
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