"Dopo la bella salita del Gran diedro del Lesino dello scorso ottobre, con il mio compagno di scalate Felice Ghiringhelli abbiamo cominciato a pensare ad un altro progetto. Il Torrione di Bettola presenta una parete ovest ripidissima. Nessuno è mai passato su di lì ed esplorare angoli del pianeta sconosciuti mi ha sempre affascinato.
E spesso questi luoghi non sono poi tanto distanti. È proprio il caso dei Corni di Nibbio. Amati da pochi specialisti ma snobbati od addirittura malvisti dalla maggior parte di alpinisti ed escursionisti. Pochi sentieri che sono perlopiù esili tracce che si inerpicano ripide con dislivelli considerevoli."
"Durante l'inverno ho osservato spesso la parete dalla piana dell'Ossola con il binocolo. Troppo complicata e guardandola bene, poco invitante. Placche lisce inframezzate da molta vegetazione. Non sono un amante del "Ravanage". Mi piace la purezza dell'arrampicata. Il "gesto" come andava di moda dire negli anni 80. Sono infastidito dalla vegetazione che ostacola l'avvicinamento alle pareti. Figuriamoci quella che trovo durante la scalata. Eppure il mio esordio alpinistico è avvenuto, da buon premosellese, in
Valgrande.
Dove facevamo esplorazioni che definivamo "
Dronzate". Da Dronz, ossia il termine dialettale dell'Ontanello che forma spesso una macchia arbustiva intricatissima. Quando ne uscivamo eravamo talmente provati che il buon Piero Bona coniò per noi il nome di "Orribles" che fu per alcuni anni il nome del nostro gruppo. Poco tempo dopo diventai un alpinista d'alta quota e quando mi trovavo più in basso un "fighetto" della scalata pulita relegando le dronzate nei ricordi giovanili.
Ma ora il mio scetticismo si scontra con lo sguardo di Felice. Che mi dice "decidi tu Manetta". La mia mente esplora la sua. Non posso deluderlo. Ancora una volta tornerò ad essere un Orribles. Si parte. Ci ritroviamo al parcheggino di Bettola alle 7 di
giovedì 6 aprile. Fa più freddo che nel mese di gennaio.
Ma a differenza dei giorni precedenti l'aria è ferma. Prepariamo gli zaini. Lascio in auto trapano e fix che mi aveva affidato l'amico del soccorso alpino Claudio Balzano. Portiamo con noi solo una decina di chiodi di varia foggia e un mezza serie di friends oltre naturalmente due mezze corde da 60 metri."
"Saliamo lungo gli ampi tornanti e le pendenze che lasciano respirare della linea Cadorna. Con noi ad accompagnarci il giovane cuzzaghese e laureando in veterinaria Marco Castro appassionatissimo di montagna e di questi luoghi e l'amico del soccorso alpino di Ornavasso Stefano Zucchi. Ci aiutano a dividere i pesi dell'attrezzatura da scalata. Così saliamo agili ma senza fretta in modo di arrivare alla base della parete non troppo sudati e trafelati. La temperatura fresca ci aiuta. Ci fermiamo a prendere acqua a "L'or picioch". Poi entriamo nel vallone di Bettola.
Da qui il sentiero da pochi anni ben segnato sale ripido senza fare perder tempo. Quando gira a sinistra per la bocchetta di Sauti lasciamo le poche cose che non ci serviranno e continuiamo diritti per il vallone, verso la bocchetta di Lavattel. Qui non ci sono più tracce di sentiero e superato un enorme masso con relativo balmo iniziamo a costeggiare la parete fino che una stretta gola ci obbliga ad arrampicare. Salgo per primo. Felice mi segue a pochi metri.
Le difficoltà sono in torno al 3° grado ma piuttosto scivolosi e quindi decido di mettere una corda fissata ad un alberello. Marco e Stefano così possono salire più sicuri. Poco sopra un pulpito alberato. Siamo a 1300 metri di quota. A destra partono le placche su cui decidiamo di arrampicare. I nostri accompagnatori mi osservano mentre cerco una via scalabile e provo invano a mettere una protezione. Non c'è verso. Martello un chiodo a lama in un esile fessura cieca. Piuttosto che lasciarlo entrare la roccia si spacca e precipita nel vuoto assieme al chiodo. Sono sulle punte dei piedi in equilibrio sopra il baratro. Se cado mi ammazzo. Penso che potrei forzare la scalata senza mettere chiodi ma temo di non riuscire poi a predisporre una sosta su cui recuperare Felice. Quindi decido di disarrampicare. Recupero il chiodo che si è miracolosamente fermato sopra un "gnich" e mi ritrovo al punto di partenza.
Marco e Stefano mi guardano preoccupati senza dire nulla e si preparano ad una breve corda doppia su un albero che li riporta nel vallone. Riparto appena più a sinistra tra risalti rocciosi e ciuffi d'erba approdo in una nicchia. Piazzo un ottimo Friends del 3 e recupero il mio compagno di scalata. Il tiro successivo mi riporta a destra. Stesse caratteristiche di scalata. Placche non proteggibili, risalti erbosi, arbusti. Indossiamo entrambi gli scarponcini da alpinismo. Abbiamo fin da subito capito che su questo terreno sono meglio delle scarpette d'arrampicata. Procediamo per alcune lunghezze di corda fino ad un ultima placca abbastanza infida ed inchiodabile che scaliamo diagonalmente puntando a destra ad un evidente fessura camino.
Faccio sosta alla sua base su due friends. La fessurona da lontano ha un aspetto bonario ma si rivela tutt'altro. Credo si possa parlare di un 6 grado non facilmente proteggibile. Non posso permettermi di cadere. Per cercare di passare per una strozzatura strapiombante stacco un grosso ceppo di erba che precipita nel vuoto colpendo di striscio lo zaino di Felice che grida preoccupato. È solo erba gli rispondo io. Con due lunghezze di corda superiamo la fessura camino e sostiamo comodamente su di un piccolo albero cresciuto tra le rocce.
Felice mi raggiunge facendo apprezzamenti sulla difficoltà di quel tratto. Fosse chiodato sarebbe una normalissima scalata. Ma così effettivamente è stato abbastanza impegnativo. Lungo il fessurone è rimasto un Friends del 0.3 che Felice non è riuscito ad estrarre ed un chiodo. Lasciato volutamente a prova del nostro passaggio. Ormai siamo fuori dalle difficoltà. Un tiro di corda in un canale erboso ci conduce ad un colletto e da qui procediamo facilmente fino in vetta al Torrione.
Siamo a meno di 1600 metri ma sembra di essere su una grande montagna. Ci facciamo i complimenti a vicenda, le foto di rito, la sistemazione del materiale da scalata e ci apprestiamo alla discesa che nella prima parte si preannuncia delicata anche a causa del terreno erboso e duro dal gelo. Solo quando arriviamo alla Bocchetta di Lavattel possiamo dire che "anche questa è andata". Felice ha in faccia la stanchezza e nonostante tutto, mentre scendiamo per quegli erti 1200 metri di dislivello, mi racconta già dei suoi prossimi progetti. Tutte delle gran belle salite ma sempre molto lunghe. Mentre lo ascolto penso alla cena che mi sta preparando Marisa ed alle mie prossime arrampicate lontane dai Corni di Nibbio."
Fabrizio Manoni.
Relazione :
Risalendo il vallone di Lavattel, dopo il bivio per la Bocchetta di Sauti, ci sono poche tracce di sentiero. In un punto occorre aggirare a destra su terreno ripido e sdrucciolevole un breve sbarramento del vallone. Poco dopo si raggiunge un enorme masso che lo chiude quasi completamente. Si sale alla sua destra e superato il tratto ripido si costeggia la base della parete ovest del Torrione fino a che si entra in un angusto fessurone umido. Per salire verso la bocchetta di Lavattel occorre contornare a sinistra questo tratto.
1) Scalare le roccette miste ad erba per 30 metri (3° grado). Poi altri trenta metri erbosi ma più facili per arrivare su di un pulpito con alcune piante.
2) Continuare appena a sinistra di placche lisce per un sistema di cenge e risalti fino ad una comoda nicchia, incassata ed umida (40 metri 3° e 4° grado).
3) Uscire dalla nicchia a destra su roccia che richiede attenzione per riportarsi verso il centro parete per poi salire in leggera diagonale verso destra per placche inframezzate da cenge (40 metri 4° e 5° grado).
4) Salire prima ancora in leggera diagonale verso destra e poi su diritti per belle placche inframezzate da un po' di vegetazione fino ad una comoda cengia con ottime fessure per sostare su friends medi (40 metri 4° e 5° grado).
5) Proseguire verticalmente su una placca prima fessurata e poi improteggibile poiché compatta fino ad una cengia. Da qui è possibile vedere la grande fessura camino. Spostarsi sulla cengia pochi metri verso destra e poi salire la placca compatta ed improteggibile fino ad un altra cengia erbosa piuttosto stretta e scivolosa. Seguirla in obliquo ascendente verso destra fino alla comoda base del diedro camino (50 metri 4° e 5° grado).
6) Salire direttamente nella fessura camino che presenta un paio di risalti leggermente strapiombanti, evitando di incastrarsi troppo al suo interno, fino ad un comodo terrazzino (30 metri 5° e 5°+).
7) Continuare lungo la fessura camino che presenta le stesse caratteristiche del tiro precedente fino ad uscire su di un prato ripido che si risale per pochi metri fino a fare sosta su di un alberello (30 metri 5° ed un passaggio di 6° grado. Lasciati un Friend dello 0.3 e un chiodo).
8) Risalire il pendio erboso ripido e con brevi risalti fino al colletto fra le due vette del Torrione (50 metri erbosi facili ma insidiosi); Qui siamo fuori dalle difficoltà. Sul versante nord del colletto passa la via normale per la bocchetta di Lavattel e quindi possiamo lasciare qui le corde e l'altra attrezzatura da scalata. Per arrivare in vetta al Torrione proseguire per una cinquantina di metri a destra su terreno facile e con rododendri.
Discesa:
Tornare al colletto tra le due cime dove abbiamo lasciato l'attrezzatura da scalata e scendere sul versante nord del Torrione, quello che guarda verso la Valgrande. Scendere su terreno ripido tra erba e rododendri fino ad un salto verticale. Da qui si fa una doppia da 30 metri su di un albero e poi si può scegliere se fare altre doppie (consigliato) o scendere su terreno erboso ed arbustivo ripido per abbassarsi di almeno 150 metri di dislivello dalla vetta.
Raggiunto il bosco di faggi si attraversa brevemente a sinistra (faccia a valle) e si perviene alla bocchetta di Lavattel. Da qui si ritrova il sentiero (a tratti esposto e sdrucciolevole) che ci immette sul versante Ossolano e quindi che ci riporta a valle.
Difficoltà complessiva TD- Sviluppo della via 300 metri circa Materiale utilizzato Friends dallo 0.3 al 3BD e qualche chiodo. Lasciati sul 7° tiro un friend piccolo ed un chiodo.
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(Un'altra salita nelle vicinanze riguardante il più noto Pizzo del Lesino, a questo : Link).