- Visita all'Alpe Fornale, Quagiui, In Marchiona...
Ritorno dopo parecchi anni nella piacevole zona dell'Alpe Quagiui; personalmente non gradisco molto tornare in zone già visitate, solamente in Ossola ci sono così tanti luoghi da vedere che non basterebbe una vita per visitarli tutti, e non è certo il caso di rinunciarci per ripetere escursioni già fatte... ma a volte vale la pena di ripassare in certi luoghi, specialmente se si "scopre" qualcosa di nuovo.
Anche perché, col passare del tempo cambia anche il modo di andare in montagna e di vedere le cose (o almeno così dovrebbe essere...), personalmente ora mi interessano anche certi aspetti della montagna (e della natura), che un tempo trascuravo, e così alla fine si trova sempre qualcosa di interessante da vedere anche nei luoghi già visitati...
In questa occasione, lo stimolo per questo giro è stato quello di visitare la zona chiamata In Marchiona, che era in pratica una dépendance dell'Alpe Fornale; già il fatto che la zona abbia un suo nome è sufficiente per destare interesse (grazie a Daniele Barbaglia per le informazioni).
Per questo giro ho anche "indovinato" il momento giusto, trovando una splendida giornata, limpida e tiepida, che ha permesso di apprezzare maggiormente questo percorso in una natura "colorata" con le prime tonalità autunnali...
Bibliografia : Genti e luoghi di ValgrandeDaniele Barbaglia & Renato Cresta / Alberti - 2002
Partendo a piedi da Premosello Chiovenda, si sale passando dall'Alpetto Cornala, La Piana, La Motta e Stavelli, proseguendo poi verso la Bocchetta dell'Usciolo; il sentiero segnalato che sale dall'Alpe Stavelli è sempre un bel percorso panoramico (il sentiero è stato sistemato un paio di anni fa), che arriva alla Bocchetta dell'Usciolo 1881 m. fino a qui, da Premosello, circa 3 ore e mezza (tempo, in verità, più veloce del previsto...).
Ci si affaccia così sul sottostante versante Valgrandino che è ancora all'ombra (all'inizio di ottobre, il sole inizia a illuminare Quagiui verso le 10:15), anche il sentiero che scende è stato ripulito recentemente (ora è molto diverso rispetto a un tempo...), e permette di raggiungere l'Alpe Quagiui 1563 m. velocemente, con un percorso anche piacevole su terreno insolitamente asciutto (considerando la stagione e l'esposizione del versante).
Qui, pausa caffè gentilmente offerto da Tim (www.piemont-trekking.de), "trovato" in loco...
Quagiui è il più corposo alpeggio dell'alta Valgrande, ed è sempre interessante girare tra le belle baite (alcune ancora in discrete condizioni), alla ricerca di qualche segno della vita passata degli alpigiani; fino al XVII secolo l'alpe era caricato da alpigiani di Cuzzego di Beura (il territorio si trova nel comune di Beura-Cardezza), in seguito le baite e i diritti di pascolo furono acquistati da alpigiani di Colloro.
Intorno al 1930 qui pascolavano più di cento mucche e almeno 200 capre (c'erano anche una ventina di maiali); Quagiui fu caricato per l'ultima volta nel 1967 da Dionigi Girardi.
Dal nucleo di Quagiui si scende in direzione delle caratteristiche baite allineate con un insolito tetto a tre falde, di Cà di Gubitt 1513 m. (Casa dei Gobbetti, dal cognome della famiglia proprietaria, di Cuzzego di Beura, mentre secondo il catasto il suo nome è Alpe Gian Pistùi...), Il percorso per Fornale prosegue salendo e traversando lungo una lieve traccia (si trovano anche alcuni tagli), che supera un canalino e poi sale al poggio dell'Or d'la Pescia 1605 m. dove si vede una piccola Croce incisa su un masso.
Il percorso prosegue traversando su terreno ripido per poi giungere su una dorsalina dove si trova il caratteristico rudere azzerato di foto 56 (che in verità sembra quasi un "deposito" di sassi e piode...), si scende direttamente per un tratto la dorsalina per poi traversare e scendere all'Alpe Fornale 1530 m. alpeggio tuttora in buone condizioni e situato in bella posizione panoramica, di fronte a Cortevecchio (raggiunto successivamente in questo giro); personalmente ritengo Fornale uno degli alpeggi più belli di tutta la Valgrande...
Da segnalare alcun soluzioni costruttive interessanti, come lo scolatoio [foto 68] che portava il liquame dalla stalla nella corte e che poi veniva distribuito nei prati sottostanti concimandoli, oppure l'originale piccola volta ad arco sopra l'ingresso del fienile sopra la stalla delle capre [foto 70], e infine il canale che portava l'acqua dal vicino canale di fianco alla mulattiera [foto 70 e 74], ancora ottimamente conservati; è sempre molto piacevole e rilassante, una sosta sul bel "terrazzo" panoramico dell'Alpe Fornale...
L'Alpe Fornale era proprietà della famiglia Zonca, che diede poi in affitto l'alpe a Giuseppe Pella (soprannominato Barbun), poi al Paolo Primatesta (Paulin), Primatesta è un tipico cognome della zona di Colloro e Premosello... e infine l'ultimo alpigiano fu Elia Ruga che venne qui, con 20 mucche e qualche decina di capre, per l'ultima volta nel 1965...
Fornelletto...
Il toponimo Fornale è naturalmente riferito al circo di origine glaciale, posto ad esempio alla testata delle vallette laterali di una valle principale; qui le dimensioni sono ridotte, e non a caso il toponimo originale riportato sulla Mappa Rabbini è Fornelletto... ed è con questo nome che risulta sulle mappe catastali, come si poteva notare anni fa passando da queste parti, dove si vedeva una copia dell'atto di concessione affissa sulla porta di una baita (ora non è più presente, scomparsa a causa del trascorrere degli anni...), concessione che risale al 1990 e cioè prima dell'istituzione del Parco della Valgrande; vedi foto 65, è una immagine del 2007 (dove naturalmente ho tolto i dati sensibili).
Il sentiero prosegue lunga la bella stra di vacch che, superato il canalino, traversa in discesa portandosi sulla costa boscosa dove si trovano i muri che caratterizzano la zona di In Marchiona, così è chiamata questa dépendance dell'Alpe Fornale; qui in realtà non erano presenti baite (forse solo un ricovero di fortuna), i grossi muri presenti sembrano essere stati realizzati per liberare il versante dai sassi in modo da avere maggior pascolo disponibile (come si vede anche sul versante a valle dell'Alpe Stavelli...).
Il sentiero prosegue in discesa nella faggeta (la traccia qui è a tratti meno visibile, ma non ci sono particolari problemi di orientamento), e si scende su un pianoro intorno ai 1300 m. [foto 84], dove si incrocia il sentiero segnalato che seguo in salita per ritornare nella zona di Quagiui.
Dalla quota 1300 m. risalgo il sentiero segnalato che supera due canali, e poi prosegue su una ripida costa raggiungendo un primo pianoro con vista verso Cà di Gubitt, oggi in versione autunnale [foto 2], qui seguo una traccia di animali che traversa il versante (inizialmente tra i rododendri), in direzione di Cortevecchio, traccia che poi si perde, e alla fine conviene scendere da Quagiui lungo il sentierino più evidente...
Si arriva a Cortevecchio 1466 m. il Curtvecc fu probabilmente uno dei primi alpeggi costruiti in questa zona, anche qui alcune baite sono ancora in discrete condizioni, d'altra parte questa zona fu una delle ultime a essere stata abbandonate al termine dell'attività degli alpigiani in Valgrande.
Le belle costruzioni di Cortevecchio sono molto vicine tra di loro, imponenti alcune travature in larice che sorreggono il notevole peso delle piode dei tetti, poco a valle delle baite passa il confine tra i Comuni di Beura e Premosello; gli ultimi alpigiani a caricare l'alpe furono Pietro Pella fino al 1961, ed Elia Ruga (lo stesso dell'Alpe Fornale), fino al 1965.
Il percorso prosegue iniziando un lungo traverso sui versanti nord e nord-est del Monte Grassino; la traccia si trova un po' più in basso rispetto alla quota di Cortevecchio, il sentiero, una volta trovato, è molto evidente e in buone condizioni (si trovano anche dei tagli), per un primo tratto è una vera e propria mulattiera che traversa i due canali principali del versante [foto 18 e 20], su dei tratti costruiti ancora in ottime condizioni; dopo il secondo canale, la traccia si fa un poco incerta e si trova un bivio, il sentiero più evidente scende (probabilmente era questo il percorso principale, che andava verso l'Alpe valle di sotto...), bisogna invece cercare una traccia sulla destra che sale a tornanti per raggiungere la successiva costo boscosa intorno ai 1600 m.
Qui si continua lungo la seconda parte del traverso con esposizione nord-est (con vedute verso il Pedum e dintorni); la traccia è poco visibile, bisogna traversare rimanendo più o meno alla stessa quota, su terreno ripido, solo dopo il passaggio dell'ultimo canalino [foto 23] si scende, e se non si è sbagliato il percorso, giungendo al rudere della stalla a quota 1513 m. poi una breve risalita porta ai ruderi dell'Alpe Crot di sopra 1535 m.
Il Crœtt d'zura era caricato salendo da La Colletta, lungo la dorsale boscosa (è il percorso più "comodo" per arrivare qui), percorso utilizzato anche per salire all'Alpe Grassino; gli ultimi alpigiani che caricarono il Crœtt d'zura furono il Natale Varetta (il Castela), che era anche cacciatore e gran conoscitore della zona, per questo era richiesto anche come guida dai signorotti che andavano a caccia, e infine Polo Primatesta che venne qui fino al 1968.
Sopra i ruderi, una lieve traccia (che diventa un poco più evidente nel prosieguo), porta alla dorsale che dalla Colletta continua verso il Monte Grassino (dorsale che avevo disceso in un giro precedente), da Cortevecchio fino a qui, poco più di un ora.
Qui le vecchie mappe riportano un sentiero che scende verso la sottostante Alpe Serena, sentiero che non avevo ancora cercato; il versante si presenta alquanto impervio con salti di roccia, ho anche risalito per un tratto la dorsale cercando un segno del passaggio del vecchio sentiero, non avendolo trovato sono ridisceso lungo la dorsale fino a un punto dove si può scendere lungo il versante di Serena su terreno molto ripido, e così si arriva alla base di un primo tratto roccioso.
Trovo una traccia di animali che traversa lungo un percorso obbligato alla base delle rocce [foto da 41 in avanti], si scende a un marcato canale [foto 44, 45 e 46], nell'unico punto in cui si può traversare (un tentativo di discesa più "diretta" prima del canale non ha avuto successo); si traversa verso la
successiva dorsale boscosa dove si rinvengono gli unici muretti di questo percorso, qui scende anche una traccia più evidente di quella percorsa, e che provo a risalire, ma la stessa poi si perde, e alla fine non ci sono certezze che possa essere quella del vecchio sentiero...
Proseguo il traverso sempre seguendo la traccia degli animali (in queste occasioni seguire il passaggio degli animali è (quasi...) sempre la soluzione migliore, loro sanno dove si può passare...); più avanti ci si affaccia su un pendio erboso, sempre molto ripido, ma dal quale si può scendere, e si arriva nel canale del Rio della Val Serena, poco più a valle del canale che sale verso l'Alpe Grassino (canale risalito in occasione della prima visita a Grassino), e perciò parecchio più a ovest rispetto al sentiero segnato sulle vecchie mappe...
Alla fine, questo percorso di discesa, anche se bello e in un ambiente interessante, è stato un poco "avventuroso"... e obiettivamente non lo si può consigliare; le alternative sono : la discesa della dorsale verso la Colletta (aggirando alcuni spuntoni), percorso più "comodo" e veloce, raggiungendo così il sentiero segnalato della Val Serena, oppure (più lungo e impegnativo), salire verso l'Alpe Grassino e traversare alla Colma, o ancora, disponendo di tempo, anche continuare fino al Monte Grassino e poi alla Cima Sciarina dalla quale si può scendere alla Bocchetta dell'Usciolo (o anche alla Colma lungo la cresta).
Per questo giro avevo previsto di pernottare in zona, ma giunto sul sentiero della Val Serena a un orario ancora favorevole (poco dopo le 16:00), decido di risalire subito alla Colma e scendere a Premosello, dove giungo all'imbrunire, ma sempre in tempo per l'ultimo treno...